Lili Marlene – la guerra degli italiani

La seconda guerra mondiale vista dal basso, attraverso le storie straordinarie di cittadini comuni.

Storie viste attraverso gli occhi e le parole di vittime e persecutori, vincitori e vinti.  Un racconto collettivo che descrive la paura, l’angoscia e i rari momenti di esaltazione provati da famiglie comuni durante il più grande conflitto armato di sempre. Il tutto introdotto da un narratore che, filmato nei luoghi simbolici, racconta prima il contesto e poi introduce la storia vera e propria. Ne emerge un affresco immediato e corale degli italiani di quegli anni in una dimensione il più delle volte trascurata da film e documentari: la guerra vista non solo attraverso una serie di eventi bellici, ma con gli occhi delle persone  –  i bambini di allora –  che l’hanno vissuta in gran parte lontano dal fronte, nelle città e  nelle campagne.

1 Puntata:

1 – 3 Maggio 1938 – Il mito dell’Asse invincibile. Dalla visita di Hitler in Italia all’entrata in guerra. “W il Fuhrer”

Il 3 maggio 1938 Hitler arriva in un Italia che lo accoglie nella maniera più trionfale possibile. Il capo di uno Stato antisemita viene festeggiato da tutti gli italiani. Anche gli ebrei sono in piazza a sventolare le bandiere con la svastica.  Le riprese dell’Istituto Luce fanno da sfondo alla testimonianza di una bambina ebrea, Silvana Ajò, oggi novantenne, che in quei giorni festeggiò nelle strade di Roma, sventolando le bandierine fasciste e naziste, l’arrivo del Fuhrer. Solo quattro mesi dopo, con l’introduzione delle leggi razziali,  quella bambina venne cacciata da tutte le scuole del Regno.

2 – 10 giugno 1940 – Scocca “L’ora segnata dal destino”. I bambini della Quarta sponda.

I pochi testimoni rimasti narrano l’incredibile storia di quei 13 mila, tra bambini ed ragazzi,  che nei primi giorni di giugno del 1940, alla vigilia dell’entrata in guerra dell’Italia, lasciarono la Libia per essere riportati in fretta e furia in patria. Ufficialmente doveva trattarsi di un semplice periodo di vacanza nelle colonie fasciste, in realtà per tanti bambini delle colonie del Regno quello fu solo l’inizio di una esperienza drammatica che avrebbe segnato le loro vite, separandoli per sempre dai loro genitori.

3 – 2 luglio 1940 – La tragedia dell’Arandora Star. Le spie del Duce: internati da Churchill, uccisi da Hitler.

Il crollo del mito del fascismo invincibile. Nonostante i rassicuranti discorsi del Duce sono moltissimi i morti già nelle prime settimane del conflitto. Vittime che il regime nasconde accuratamente. Il 2 luglio del ’40 un sottomarino tedesco silurò e affondò, a nord  dell’Irlanda, il transatlantico inglese Arandora Star con 815 italiani a bordo, tra cui molti ebrei. La nave era salpata da Liverpool, imbarcando 1500 uomini, per lo più civili italiani e tedeschi e austriaci, internati da Churchill perché sospettati di spionaggio. A raccontare la storia sono i parenti delle vittime e dei sopravvissuti.

4- 25 luglio 1943 – Il crollo del regime

La caduta di Mussolini viene salutata dalla popolazione italiana come la fine della dittatura e della guerra, ma per i fascisti è un trauma intollerabile. Non è la caduta di un regime ma la caduta di un mondo. La storia viene narrata attraverso le testimonianze del nipote dell’ex Ministro degli esteri e genero del Duce, Galeazzo Ciano, e di ex membri della Decima Mas e da documenti di archivio che illustrano il dramma vissuto e le violenze subite nei giorni immediatamente successivi al crollo del regime.

5 –  29 giugno 1944  – Il racconto dei sopravvissuti alle stragi nazifasciste e le responsabilità dei partigiani. Io ho visto: la strage di Civitella Val di Chiana

Il 29 giugno del ‘44 un reparto di paracadutisti della Wehrmacht attaccò il paese di Civitella Val di Chiana (Arezzo) uccidendo a sangue freddo 115  persone: le donne e i bambini bruciati vivi, gli uomini fucilati. Una rappresaglia provocata, secondo alcuni, dall’uccisione di tre tedeschi in un circolo del paese da parte di un  gruppo partigiano guidato dal comandante Renzino.

Una interpretazione all’origine di molte polemiche che ha creato una “memoria divisa”, frutto di odi e incomprensioni durati per lunghi anni nel dopoguerra.

2° Puntata

1 – Maggio 1944 – Stupri di massa in Ciociaria. “Le marocchinate”

Dopo aver travolto le difese tedesche sul fronte di Cassino le truppe marocchine agli ordini del Generale francese Juin, si scatenano contro le popolazioni locali della Ciociaria, violentando migliaia di donne di tutte le età (e anche qualche ragazzo di allora che abbiamo intervistato). La storia raccontata nel capolavoro di De Sica “La Ciociara” è una ferita mai cicatrizzata. Invece della liberazione dagli orrori della guerra le truppe alleate portarono violenza selvaggia e stupri di massa, causa di traumi profondi che spinsero alcuni al suicidio.

2 – Luglio 1944 – Caino e Abele. Le delazioni.

Gli spioni, per lo più anonimi, si ritengono buoni cittadini dell’Italia littoria, collaboratori esemplari delle autorità. Lo scoppio della seconda guerra mondiale moltiplica il numero delle denunce segrete e il campo d’azione degli informatori del regime si estende a dismisura: dai «disfattisti» ai pacifisti, dagli ebrei agli ascoltatori di Radio Londra si arriva ai partigiani. Uno tra i tanti episodi viene raccontato da un ex partigiano triestino, Riccardo Goruppi, finito nel lager di Dachau grazie alla delazione di alcuni vicini di casa con cui ha continuato a  convivere negli anni del dopoguerra.

3 –  Agosto 1944 – I volenterosi carnefici del regime: il racconto dei sopravvissuti. Io ho visto. L’eccidio di S. Anna di Stazzema.

Il 12 agosto del ‘44 un battaglione delle SS seminò morte e devastazione intorno a S. Anna di Stazzema, nelle montagne sopra Viareggio. Uccidendo a sangue freddo 560 persone, tra cui molte donne e bambini bruciati vivi. Tra questi ultimi alcuni si salvarono fingendosi morti sotto la pila dei cadaveri. I sopravvissuti descrivono il terribile massacro su cui permangono molti interrogativi: perché tanta violenza? Come è stato possibile raggiungere livelli così estremi di crudeltà?  

4 -Estate 1944 – La guerra tra partigiani e repubblichini. Bella Ciao. La guerra civile.

La Resistenza italiana è stato un fenomeno di massa, che ha impegnato i nazifascisti per seicento giorni distogliendo forze importanti dal fronte. La storia che raccontiamo  è quella di un  giovanissimo partigiano, Carlo Bretzel, che imbraccia le armi sul Monte Grappa, santuario della Resistenza italiana che i nazisti cercano di ripulire dai partigiani italiani, finendo per impiccare 32 di loro sui viali di Bassano del Grappa.  A distanza di più di 70 anni fascisti e partigiani non si sono riconciliati, i rancori non sono stati ancora superati. L’ex partigiano Carlo Bretzel ne parla durante un incontro con l’ex ausiliaria della Decima Mas, Fiamma Morini.  

5 – 25 aprile 1945 – Le deportazioni ed il ritorno. Il dramma dei sommersi, l’incubo dei salvati. 

Il ritorno delle centinaia di migliaia di prigionieri di guerra e deportati politici e razziali è stata una odissea lunga e faticosa. L’ebrea fiumana Tatiana Bucci, con la sorella più piccola Andra, viene arrestata con gran parte della sua famiglia e trasferita ad Auschwitz dove finisce nel Kinderblock utilizzato dal Dottor Mengele per i suoi esperimenti sui bambini. 

Le sorelle Bucci, credute gemelle, sono miracolosamente sopravvissute, a differenza del loro cuginetto Sergio, agli esperimenti di Mengele. Tatiana descrive gli orrori del campo, le difficoltà di convivere con l’esperienza dell’Inferno e il miracolo di essere riuscita ad uscire da quella esperienza così terrificante, rifacendosi una vita e una famiglia.    

I “camei”: Per arricchire il racconto le varie storie di ex militari e cittadini comuni sono collegate tra loro da alcuni camei, costituiti da brevi intervistea personaggi celebri della storia del nostro paese. L’elenco degli intervistati comprende esponenti della vita politica italiana come Giorgio Napolitano, Eugenio Scalfari, Gianni Letta. Sono presenti anche aneddoti di personaggi della vita culturale, sociale e artistica italiana come Dacia Maraini, Pupi Avati, Pippo Baudo, Renzo Arbore, Alice ed Ellen Kessler (che abitavano da piccole vicine ad un campo di concentramento a Monaco di Baviera). 

Perché il titolo Lilì Marlene:

Lilì Marlene è stata la canzone più popolare durante la seconda guerra mondiale. Nonostante fosse osteggiata dal regime nazista perchè antimilitarista ebbe un enorme successo tra gli eserciti delle opposte fazioni. Ancora oggi è un brano che evoca ricordi, sentimenti e passioni in chiunque abbia vissuto quel periodo. E’ stata scelta anche come sigla di apertura del programma: la versione cantata da Marlene Dietrich in tedesco e inglese si alterna alla versione registrata in italiano dall’Eiar.

Rassegna Stampa

Video recensione su repubblica del 8 giugno 2020

In tv la Storia raccontata da chi l’ha vissuta davvero

10/06/2020 Il Messaggero pagina 22

Mettono i brividi le gemelle Kessler che cantano Lili Marlene, la canzone-simbolo della guerra resa popolare da Marlene Dietrich: da bambine, rivelano, abitavano a Monaco di Baviera vicino a un campo di concentramento. Colpisce poi il faccia a faccia tra Fiamma Morini e Carlo Bretzel, due ultranovantenni che in gioventù militarono su sponde opposte: lei ausiliare della Decima Mas, lui partigiano. La commozione di Renzo Arbore s’ interseca invece alla tragedia dei 13mila bambini fatti tornare dalla Libia per ordine di Mussolini e destinati a rimanere orfani mentre le testimonianze di altri personaggi autorevoli (Giorgio Napolitano, Eugenio Scalfari, Gianni Letta, Dacia Maraini, Pippo Baudo, Pupi Avati) punteggiano il racconto di episodi noti e meno raccontati del secondo conflitto mondiale: gli stupri di massa compiuti in Ciociaria, le famigerate marocchinate (tra le vittime anche alcuni uomini che rievocano l’orrore subìto), la strage dei migranti italiani arrestati da Churchill in Inghilterra, spediti in nave in Canada e silurati da Hitler, l’eccidio di Sant’ Anna di Stazzema, lo sbarco a Roma di Hitler, la caduta del Regime, il drammatico ritorno alla vita dei sopravvissuti. È denso di dettagli, scoperte, tesimonianze e materiali d’archivio l’avvincente documentario di Pietro Suber Lili Marlene – 1940/1945: le mille guerre degli italiani in onda sul canale Focus in due puntate questa sera alle 21.15 e domani alla stessa ora in occasione dell’80mo anniversario dell’ingresso del nostro Paese nel conflitto. SOFFERENZE Prodotto da Videonews, snodato in dieci capitoli, spesso crudo ma mai retorico, il film si propone di raccontare la grande Storia dal basso «attraverso le vicende straordinarie di cittadini comuni per comprendere la profondità delle loro sofferenze e l’intensità delle esperienze vissute», spiega Suber, giornalista, che si è avvalso della collaborazione dello storico Amedeo Osti Guerrazzi, della sceneggiatrice Donatella Scuderi e in passato ha firmato due documentari sulla Shoah: Meditate che questo è stato, sull’amicizia maturata ad Auschwitz tra gli adolescenti ebrei Piero Terracina e Sami Modiano, e Quando scoprimmo di non essere più italiani sulle leggi razziali. A questo proposito, una delle testimonianze più toccanti contenute in Lili Marlene è quella della signora Silvana Ajò, novantenne rappresentante della comunità ebraica romana: da bambina, il 3 maggio 1938, era in piazza per salutare l’arrivo del Fuhrer a Roma e quattro mesi dopo veniva cacciata dalle scuole del Regno a causa delle leggi razziali. IL PERCORSO «Il mio percorso di autore di documentari storici, iniziato dopo il processo Priebke che seguii da cronista», dice Suber, «mi ha permesso di entrare in contatto con persone che mi hanno arricchito moltissimo. Sono gli ultimi testimoni e vanno ascoltati: la memoria rischia infatti di perdersi». Gloria Satta

Il dramma della Seconda guerra mondiale nelle storie meno note

11/06/2020 Corriere della Sera pagina 47

Le immagini dell’affondamento del transatlantico inglese Arandora Star sono impressionanti. Quella nave era piena di italiani residenti in Inghilterra, imbarcati su ordine di Churchill, con l’accusa di essere delle spie fasciste. La nave, che avrebbe dovuto raggiungere un campo di internamento in Canada, fu affondata da un U-Boat tedesco. Su un totale di circa 800 vittime, 470 erano italiani (il numero di vittime e sopravvissuti è approssimativo, anche perché non esisteva una lista precisa e completa degli internati). È il 2 luglio 1940. Il 1° giugno 1940, mentre le truppe hitleriane stanno travolgendo Parigi, sei grandi navi della Marina militare italiana lasciano la Libia, dirette verso l’Adriatico settentrionale. A bordo non ci sono soldati, ma bambini, 13.000 bambini, tra i quattro e i dodici anni tutti figli di quei ventimila contadini che il regime ha convinto pochi mesi prima a mettere radici sulla «quarta sponda» d’Italia. I genitori li salutano dalla banchina del porto. I bambini sono invitati a passare un mese di vacanza di sole e mare nelle colonie estive dell’Adriatico: Cattolica, Igea Marina, Cesenatico. Molti di loro non rivedranno mai più i genitori. «Lili Marlene – 1940/1945: le mille guerre degli italiani» è un documentario di Pietro Suber, con la collaborazione di Amedeo Osti Guerrazzi, storico del fascismo e Donatella Scuderi (Focus, mercoledì e giovedì, ore 21.15). Nelle immagini cui abbiamo accennato, e in molte altre, rivivono storie poco conosciute, eventi drammatici, testimonianze toccanti che ci aiutano a capire il dramma enorme della Seconda guerra mondiale: le ragioni dei vincitori e dei vinti, la tragedia, per tanti versi rimossa, della guerra civile, le storie di tradimenti e di eroismi. «Lili Marlene» è una canzone che non gode di buona fama, ma qui è una sorta di basso continuo che impedisce ogni retorica, ogni ideologismo. Costringe a coltivare la memoria.



Focus, la guerra di Lili Marlene?

11/06/2020 Avvenire pagina 26

Il vecchio Dino Tiezzi, sopravvissuto all’eccidio di Civitella in Val di Chiana nel giugno 1944, ha le lacrime agli occhi. Non piange per aver visto a soli 10 anni il volto di suo padre sfigurato da una pallottola esplosiva e nemmeno per il fratello ucciso con un colpo alla tempia. Ha già pianto troppo insieme alla madre e all’altro fratello. Oggi piange perché ha paura che le nuove generazioni non capiscano cosa siano la guerra, il dolore, la distruzione e la fame. Un timore inquietante che chiude il monumentale docufilm Lili Marlene di Pietro Suber, con la collaborazione di Amedeo Osti Guerrazzi e Donatella Scuderi, in onda in due parti ieri sera e stasera alle 21.15 su Focus (canale 35 del digitale terrestre) a ottant’ anni dall’ingresso dell’Italia nella Seconda guerra mondiale (10 giugno 1940). Lili Marlene, che trae il titolo dall’omonima canzone della Dietrich divenuta popolare tra i militari di allora, merita di essere visto, anche perché mettendo al bando la retorica non risparmia nulla al telespettatore: né le atrocità, né le controversie e le ferite ancora aperte in seguito a una guerra che come tutte le guerre non conosce vincitori e vinti, buoni e cattivi. La guerra rende tutti uguali, tranne le vittime innocenti come quelle di Civitella o di Sant’ Anna di Stazzema o le donne e le ragazze stuprate in Ciociaria dai cosiddetti goumiers, i militari marocchini inquadrati nell’esercito francese. In 160 minuti, il docufilm racconta con rigore e intensità dieci storie, alcune delle quali poco conosciute, attraverso la ricostruzione dei fatti, l’intervista sul posto ai testimoni diretti e il supporto di immagini di repertorio. Il tutto arricchito da interventi di politici come Giorgio Napolitano e Gianni Letta e di personaggi dello spettacolo come Pippo Baudo, Renzo Arbore, Pupi Avati e le Gemelle Kessler. Ma la storia è complessa e anche le responsabilità non sempre sono chiare. Suber prova a documentare le ragioni di tutti, mettendo una di fronte all’altro anche un’ex ausiliaria della Decima Mas e un ex partigiano nel tentativo di tenere aperto un dialogo su eventi che ancora oggi dividono nella speranza si arrivi a una riconciliazione che ottant’ anni dopo appare ancora lontana

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