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FILMOGRAFIA

MUSSOLINI HA FATTO ANCHE

COSE BUONE ?  (2022)

 

Propaganda di ieri, fake news di oggi

 

da un’idea di Pietro Suber

scritto da Luca Cambi e Pietro Suber

Regia di Simona Risi



Produzione : 3D

Distribuzione: Sky Italia

 

 

Un film documentario che abbatte definitivamente i luoghi comuni riguardanti Mussolini e il ventennio fascista

 

Link Trailer: https://www.youtube.com/watch?v=faeEeXtikyU

https://www.youtube.com/watch?v=8FIjULmPLnY

 

“Ripetete una bugia cento, mille volte e diventerà una verità” spiegava il ministro della Propaganda del Terzo Reich, Joseph Goebbels, ai suoi amici più stretti, illustrando la sua personale ricetta dell’informazione totalitaria. Una formula che sembra avere un discreto successo anche ai giorni nostri quando, per la velocità di trasmissione delle bufale sui social, tentare di smontarne la veridicità sembra una battaglia persa in partenza. Tra gli obiettivi del film quello di sfatare i luoghi comuni sul ventennio e sul suo capo indiscusso che continuano a far presa nel nostro paese, soprattutto tra le nuove generazioni. Una moltitudine convinta del fatto che tutto sommato “Mussolini ha fatto anche tante cose buone”.

 

Oltre sfatare alcuni miti del ventennio il film vuole soffermarsi su quella straordinaria “fabbrica del consenso” ideata dal duce e dai suoi uomini. Un apparato di propaganda molto strutturato, coordinato dal Ministero della cultura popolare, con l’obiettivo di conseguire il consenso delle masse.

 

Il progetto è strutturato attraverso due linee narrative parallele. La linea narrativa storica in cui testimoni diretti e indiretti, immagini di repertorio, storici e studiosi del periodo fascista mettono in scena la lunga serie di mistificazioni dell’era fascista: dalle bonifiche, all’introduzione della previdenza sociale, fino a Mussolini grande stratega militare, ecc.

 

Parallelamente a questa traccia scorrerà la linea narrativa della propaganda. Se c’è una cosa che Mussolini ha saputo fare molto bene è stata la promozione di se stesso e di imprese di cui spesso si è solo arrogato il merito. Di fatto un piccolo genio della propaganda che si è trasformato in modello per tanti altri dittatori (ad iniziare da Hitler).

 

Il film prende spunto dal libro “Mussolini ha fatto anche cose buone” (Bollati Boringhieri 2019) di Francesco Filippi (con prefazione di Carlo Greppi) impegnati da anni in un lavoro di demistificazione delle “bufale” sul fascismo. Oltre a loro fanno parte del progetto altri autorevoli storici come Alessandro Barbero, Claudio Siniscalchi, Giordano Bruno Guerri, Roberto Chiarini, Guido Melis.  

Altra fonte di informazione è costituita da un insieme di testimonianze dirette e indirette di chi ha vissuto o ha potuto raccogliere e tramandare l’esperienza dell’era fascista (come ad esempio i testimoni e i discendenti dei bonificatori dell’Agro Pontino, ex fascisti e vittime delle leggi razziali).

 

 

TRATTAMENTO

Il narratore del film, Gioele Dix si avvicina all’obelisco del Foro Italico, con davanti, ben in evidenza,  la  grande scritta Mussolini Dux. Si chiede, come molte altre persone, come mai permangano al giorno d’oggi così tanti simboli fascisti nelle città italiane. Una domanda che sembra restare senza risposta.

Partendo da questa riflessione sulla memoria del passato si sviluppa il successivo racconto attraverso testimoni, come l’ex repubblichino Giuseppe Cinquepalmi e storici tra cui Alessandro Barbero, Giordano Bruno Guerri, Roberto Chiarini. Con loro ci addentriamo nel primo dei temi del film: la Scoperta della Propaganda, incentrato su quella fabbrica del consenso ideata dal duce e dai suoi uomini. Un apparato molto strutturato, con l’obiettivo di conseguire il gradimento delle masse. La figlia e la nipote del fotografo di Mussolini, Adolfo Porry Pastorel, ci raccontano come veniva allestito il set fotografico, con scene e figuranti, per promuovere la propaganda del duce. Inoltre come avveniva la selezione delle foto, quali venivano censurate e perché. In questa prima parte conosceremo anche le storie di coloro che sono state vittime della propaganda: Ada Algranati, ebrea fiorentina (ora residente a Tel Aviv) che nel maggio del ’38, in occasione del solenne viaggio del Fuhrer in Italia, venne costretta dal regime, come migliaia di scolari italiani, a festeggiare con tanto di bandierine con la svastica il corteo di Mussolini e Hitler. Il tutto solo tre mesi prima dell’introduzione delle leggi razziali di cui sarà vittima. Ma vittime sono stati anche coloro che nella propaganda del fascismo hanno creduto fino alla fine: Giuseppe Cinquepalmi, ex repubblichino, affascinato ancora oggi dalle promesse di gloria e conquista narrate da Mussolini.

Il primo dei temi legati alle fake news del fascismo è il tema di Mussolini bonificatore, cavallo di battaglia dei molti convinti che il duce e il regime abbiano fatto comunque tante cose buone. Qui i protagonisti del racconto sono soprattutto i testimoni di due aree bonificate in parte dal fascismo, l’Agro Pontino e il territorio intorno ad Arborea (ex Mussolinia), la cittadina nel bel mezzo del deserto del Campidano sardo costruita per ospitare i coloni arrivati dal Veneto e dal Friuli.

In realtà le opere di bonifica iniziarono ben prima del regime ma il duce ebbe l’idea di trasportare i poveri emigranti italiani del nord-est nelle terre da bonificare, fondando anche numerose città. E’ compito degli storici raccontare che il numero delle terre bonificate fu molto più basso del previsto, appena un 6%.

 

Collegato al tema della propaganda segue la storia del film Harlem, interpretato da star del cinema italiano dell’epoca come Amedeo Nazzari e Massimo Girotti. Plateale opera di mistificazione e propaganda razzista e antiamericana del regime fascista. Film uscito nel ’43, poco prima dello sbarco alleato, per illustrare al popolo “il razzismo di Stato”. L’opera finì in un cassetto prima di uscire una seconda volta, nel ’47, con tagli e modifiche. Diventando così il film italiano più censurato di sempre. Questa storia fa da esempio e introduce il tema della propaganda fascista attraverso il cinema. Il Direttore Generale per la Cinematografia, Luigi Freddi, ne fu il grande esecutore. Il racconto si sviluppa attraverso le testimonianze di sua figlia, Angela Freddi,  e dello storico del cinema Claudio Siniscalchi,.

 

Il film documentario si concentra poi sulle varie bufale raccontate dal fascismo:

 

Mussolini ha dato le pensioni agli italiani. Attraverso il racconto dello storico della pubblica amministrazione, Guido Melis, scopriamo che i primi sistemi di garanzie pensionistiche emersero con il governo Crispi (1895) e che il sistema si sviluppò ulteriormente alla fine della prima guerra mondiale, nel 1919, dando la pensione a tutti gli italiani.  Il fascismo si troverà una previdenza sociale già avviata di cui si impossesserà per farne un grande strumento di consenso dissestando, però, le casse dello stato.

 

Il duce costruttore. Mussolini ha dato una casa a tutti gli italiani? Fu un espediente retorico di grande effetto basato su presupposti non realistici. I primi interventi per sostenere il boom demografico del paese risalgono infatti ai primi del Novecento con la fondamentale creazione dell’Istituto case popolari. Interi quartieri sorsero prima dell’avvento del fascismo. Attraverso le testimonianze degli storici Luciano Villani e Stefania Ficacci si racconta ciò che farà il fascismo una volta preso il potere, in particolare a Roma: il regime costruirà case solo per le classi impiegatizie e rimuoverà la povera gente dal centro della capitale dando vita ad una vera e propria deportazione verso le periferie di migliaia di famiglie. Sono i nipoti di queste persone a raccontare le condizioni di vita vergognose di queste borgate volute da fascismo.

 

Il duce e le donne racconta poi come Mussolini si rapportò con il sesso femminile. Dalla proibizione del gioco del calcio per le ragazze alla legislazione che ne limitava l’accesso al mondo del lavoro, fino all’introduzione di leggi discriminatorie come le attenuanti per il delitto d’onore oppure il matrimonio riparatore. A fianco a queste testimonianze anche quella della nipote di Margherita Sarfatti, prima musa ispiratrice del Duce e poi vittima del regime che introdusse nel ‘38 le leggi razziali contro i cittadini ebrei.

 

Infine il duce grande condottiero militarel’impreparazione militare del regime e della sua guida suprema attraverso la storia di alcuni bunker antiaerei, rimasti in gran parte inutilizzati durante la guerra perché mai completati. Poi l’esempio della celebre Lista del Molibdeno (raccontata magistralmente da Alessandro Barbero) prima dell’invasione nazista della Polonia. Un assurdo elenco con tonnellate di materie prime che il duce, nel ’39,  chiese a Hitler in cambio dell’entrata in guerra dell’Italia al fianco del Terzo Reich.

  

Il finale, attraverso la testimonianza personale dello stesso Gioele Dix, il cui nonno di origine ebraica, inizialmente convinto fascista, riuscì miracolosamente a sfuggire alle leggi razziali, porta ad una riflessione sul passato e mette in guardia verso il futuro. Mette inoltre in luce che, certo, è innegabile che il fascismo, come altri regimi dittatoriali, abbia fatto anche cose buone – forse in vent’anni sarebbe stato impossibile non farlo – ma il risultato è stato quello di un progressivo arretramento del paese, di un aumento vertiginoso delle ingiustizie, di un generale impoverimento della popolazione italiana. Senza tralasciare due errori fatali: l’introduzione delle leggi razziali e l’aver trascinato l’Italia in una guerra disastrosa.

 

 





LILI MARLENE – LA GUERRA DEGLI ITALIANI (2020)

 

di Pietro Suber

 

scritto con Amedeo Osti Guerrazzi e Donatella Scuderi

 

Produzione: Videonews – Mediaset

 

In onda su Focus (Mediaset) in 2 puntate: 10-11 Giugno 2020

 



Link (Mediaset Infinity): 

 https://mediasetinfinity.mediaset.it/video/lilimarlenelaguerradegliitaliani/lili-marlene-la-guerra-degli-italiani_F310498002000101



Trailer: 

https://www.facebook.com/FocusCanale35/videos/lili-marlene-la-guerra-degli-italiani/893361887839071/

 

Sinossi:

La seconda guerra mondiale vista dal basso, attraverso le storie straordinarie di cittadini comuni.

Per meglio capire cosa abbia rappresentato questa follia collettiva per il nostro paese abbiamo ripercorso quegli anni con il racconto di storie poco conosciute e le testimonianze di uomini e donne che hanno vissuto in prima persona, oppure attraverso i racconti dei parenti più vicini, quegli eventi drammatici.

 

A ottant’anni dall’inizio della seconda guerra mondiale il programma si propone di narrare, in particolare alle giovani generazioni, storie di deportazioni, di delazioni, stragi, stupri di massa, famiglie lacerate dalla politica e dalla violenza, di tradimento e di eroismo. Storie viste attraverso gli occhi e le parole dei protagonisti, vittime e persecutori, vincitori e vinti.  Un racconto collettivo che descrive la paura, l’angoscia e i rari momenti di esaltazione provati da famiglie comuni durante il più grande conflitto armato di sempre. La prova più dura subita dal popolo italiano nel XX secolo.

Ne emerge un affresco immediato e corale degli italiani di quegli anni in una dimensione il più delle volte trascurata da film e documentari: la guerra vista non solo attraverso una serie di eventi bellici, ma con gli occhi delle persone  -  i bambini di allora -  che l’hanno vissuta in gran parte lontano dal fronte, nelle città e  nelle campagne.

 

 

1 Puntata

 

1 – 3 Maggio 1938 - Il mito dell’Asse invincibile. Dalla visita di Hitler in Italia all’entrata in guerra“W il Fuhrer”

Il 3 maggio 1938 Hitler arriva in Italia che lo accoglie nella maniera più trionfale possibile. Il capo di uno Stato antisemita viene festeggiato da tutti gli italiani. Anche gli ebrei sono in piazza a sventolare le bandiere con la svastica.  Le splendide riprese dell’Istituto Luce fanno da sfondo alla testimonianza di una bambina ebrea, Silvana Ajò, oggi novantenne, che in quei giorni festeggiò nelle strade di Roma, sventolando le bandierine fasciste e naziste, l’arrivo del Fuhrer. Solo quattro mesi dopo, con l’introduzione delle leggi razziali,  quella bambina venne cacciata da tutte le scuole del Regno.

 

2 - 10 giugno 1940 - Scocca “L’ora segnata dal destino”. I bambini della Quarta sponda.

I pochi testimoni rimasti narrano l’incredibile storia di quei 13 mila, tra bambini ed ragazzi,  che nei primi giorni di giugno del 1940, alla vigilia dell’entrata in guerra dell’Italia, lasciarono la Libia per essere riportati in fretta e furia in patria. Ufficialmente doveva trattarsi di un semplice periodo di vacanza nelle colonie fasciste, in realtà per tanti bambini delle colonie del Regno quello fu solo l’inizio di una esperienza drammatica che avrebbe segnato le loro vite, separandoli per sempre dai loro genitori.

 

3 – 2 luglio 1940 - La tragedia dell’Arandora Star. Le spie del Duce: internati da Churchill, uccisi da Hitler.

Il crollo del mito del fascismo invincibile. Nonostante i rassicuranti discorsi del Duce sono moltissimi i morti già nelle prime settimane del conflitto. Vittime che il regime nasconde accuratamente. Il 2 luglio del ’40 un sottomarino tedesco silurò e affondò, a nord  dell’Irlanda, il transatlantico inglese Arandora Star con 815 italiani a bordo, tra cui molti ebrei. La nave era salpata da Liverpool, imbarcando 1500 uomini, per lo più civili italiani e tedeschi e austriaci, internati da Churchill perché sospettati di spionaggio. A raccontare la storia sono i parenti delle vittime e dei sopravvissuti.

 

 

 

4- 25 luglio 1943 – Il crollo del regime

La caduta di Mussolini viene salutata dalla popolazione italiana come la fine della dittatura e della guerra, ma per i fascisti è un trauma intollerabile. Non è la caduta di un regime ma la caduta di un mondo. La storia viene narrata attraverso le testimonianze del nipote dell’ex Ministro degli esteri e genero del Duce, Galeazzo Ciano, e di ex membri della Decima Mas e da documenti di archivio che illustrano il dramma vissuto e le violenze subite nei giorni immediatamente successivi al crollo del regime.

 

5 –  29 giugno 1944  - Il racconto dei sopravvissuti alle stragi nazifasciste e le responsabilità dei partigiani. Io ho visto: la strage di Civitella Val di Chiana

Il 29 giugno del ‘44 un reparto di paracadutisti della divisione corazzata della Wehrmacht, aiutato da un gruppo di  SS italiane, attaccò il paese di Civitella Val di Chiana (Arezzo) uccidendo a sangue freddo 115  persone: le donne e i bambini bruciati vivi, gli uomini fucilati. Una rappresaglia provocata, secondo alcuni, dall’uccisione di tre tedeschi in un circolo del paese da parte di un  gruppo partigiano guidato dal comandante Renzino.

Una interpretazione all’origine di molte polemiche che ha creato una “memoria divisa”, frutto di odi e incomprensioni durati per lunghi anni nel dopoguerra. I sopravvissuti alla strage raccontano le loro versioni dei fatti.

 

2 Puntata:

 

1 – Maggio 1944 - Stupri di massa in Ciociaria. “Le marocchinate”

Dopo aver travolto le difese tedesche sul fronte di Cassino le truppe marocchine agli ordini del Generale francese Juin, si scatenano contro le popolazioni locali della Ciociaria, violentando migliaia di donne di tutte le età (e anche qualche ragazzo che abbiamo intervistato). La storia raccontata nel capolavoro di De Sica “La Ciociara” è una ferita mai cicatrizzata. Invece della liberazione dagli orrori della guerra le truppe alleate portarono violenza selvaggia e stupri di massacausa di traumi profondi che spinsero alcuni al suicidio. Le vittime, spesso poco più che adolescenti, testimoniano l’orrore provato e il dolore che ancora oggi pervade una intera comunità. Come è stato possibile superare un trauma così profondo?

 

 

2 – Luglio 1944 - Caino e Abele. Le delazioni

Gli spioni, per lo più anonimi, si ritengono buoni cittadini dell’Italia littoria, collaboratori esemplari delle autorità. Lo scoppio della seconda guerra mondiale moltiplica il numero delle denunce segrete e il campo d’azione degli informatori del regime si estende a dismisura: dai «disfattisti» ai pacifisti, dagli ebrei agli ascoltatori di Radio Londra si arriva ai partigiani. Uno tra i tanti episodi viene raccontato da un ex partigiano triestino, Riccardo Goruppi, finito nel lager di Dachau grazie alla delazione di alcuni vicini di casa con cui ha continuato a  convivere negli anni del dopoguerra.

 

 

3 –  Agosto 1944 - I volenterosi carnefici del regime: il racconto dei sopravvissuti. Io ho visto. L’eccidio di S. Anna di Stazzema.

Il 12 agosto del ‘44 un battaglione delle SS seminò morte e devastazione intorno a S. Anna di Stazzema, nelle montagne sopra Viareggio. Uccidendo a sangue freddo 560 persone, tra cui molte donne e bambini bruciati vivi. Tra questi ultimi alcuni si salvarono fingendosi morti sotto la pila dei cadaveri. I sopravvissuti descrivono il terribile massacro su cui permangono molti interrogativi: perché tanta violenza? Come è stato possibile raggiungere livelli così estremi di crudeltà?  Lo stesso giorno a Faenza a scampare miracolosamente alla morte per fucilazione è una giovane staffetta partigiana, Annunziata Verità, che sopravvive per miracolo al plotone di esecuzione delle famigerate Brigate nere italiane.  

 

 

4 -Estate 1944 - La guerra tra partigiani e repubblichini. Bella Ciao. La guerra civile.

La Resistenza italiana è stato un fenomeno di massa, che ha impegnato i nazifascisti per seicento giorni distogliendo forze importanti dal fronte. La storia che raccontiamo  è quella di un  giovanissimo partigiano, Carlo Bretzel, che imbraccia le armi sul Monte Grappa, santuario della Resistenza italiana che i nazisti cercano di ripulire dai partigiani italiani, finendo per impiccare 32 di loro sui viali di Bassano del Grappa.  A distanza di più di 70 anni fascisti e partigiani non si sono riconciliati, i rancori non sono stati ancora superati. L’ex partigiano Carlo Bretzel ne parla durante un incontro con l’ex ausiliaria della Decima Mas, Fiamma Morini. 

 

 

5 - 25 aprile 1945 – Le deportazioni ed il ritorno. Il dramma dei sommersi, l’incubo dei salvati. 

Il ritorno delle centinaia di migliaia di prigionieri di guerra e deportati politici e razziali è stata una odissea lunga e faticosa. L’ebrea fiumana Tatiana Bucci, con la sorella più piccola Andra, viene arrestata con gran parte della sua famiglia e trasferita ad Auschwitz dove finisce nel Kinderblock utilizzato dal Dottor Mengele per i suoi esperimenti sui bambini. 

Le sorelle Bucci, credute gemelle, sono miracolosamente sopravvissute, a differenza del loro cuginetto Sergio, agli esperimenti di Mengele. Tatiana descrive gli orrori del campo, le difficoltà di convivere con l’esperienza dell’Inferno e il miracolo di essere riuscita ad uscire da quella esperienza così terrificante, rifacendosi una vita e una famiglia.    

 

 

I “camei”:

Per arricchire il racconto le varie storie di soldati e cittadini comuni narrate nel film, vengono collegate tra loro da alcuni camei, costituiti da brevi interviste personaggi celebri della storia del nostro paese. Si tratta di testimoni in grado di attrarre un pubblico più vasto raccontando episodi ed eventi vissuti in prima persona oppure dai propri familiari durante gli anni della seconda guerra mondiale. Ad esempio momenti di vita quotidiana, la grande miseria di quegli anni, le difficoltà di reperire il cibo, la paura dei bombardamenti, oppure i commenti familiari sulle gesta di Mussolini, le attività clandestine contro il regime, ecc. 

L’elenco degli intervistati comprende esponenti di punta della vita politica ed economica italiana come Giorgio Napolitano, Eugenio Scalfari, Gianni Letta.

Sono presenti anche aneddoti di personaggi celebri della vita culturale, sociale e artistica del nostro paese come Dacia Maraini, Pupi Avati, Pippo Baudo, Renzo Arbore, Alice ed Ellen Kessler (che abitavano da piccole vicine ad un campo di concentramento a Monaco di Baviera). 

 

Perché il titolo Lilì Marlene:

Lilì Marlene è stata la canzone più popolare durante la seconda guerra mondiale. Nonostante fosse osteggiata dal regime nazista perchè antimilitarista ebbe un enorme successo tra gli eserciti delle opposte fazioni. Ancora oggi è un canzone che evoca ricordi, sentimenti e passioni in chiunque abbia vissuto quel periodo. E’ stata scelta anche come sigla di apertura del programma: la versione cantata da Marlene Dietrich in tedesco e inglese si alterna alla versione registrata in italiano dall’Eiar.

1938 – Quando scoprimmo di non essere più italiani, regia, 2018 (doc)

ITALIA – 2018
di Pietro Suber

Regia : Pietro Suber
Produzione: Blue Film e Dario Coen. Istituto Luce
Consulenza storica: Amedeo Osti Guerrazzi
Fotografia e montaggio: Marco D’Auria
Musica: Rudy Gnutti

Con il patrocinio della Presidenza del Consiglio dei Ministri, dell'Unione delle Comunità Israelitiche (Ucei), della Comunità ebraica romana, del Meis, Museo della Shoah di Ferrara .

In occasione dell’80 anniversario delle leggi razziali. E’ una ricostruzione delle vicende che portarono dalle leggi antiebraiche alla deportazione degli ebrei italiani (1943-45) attraverso  cinque storie raccontate dai diretti protagonisti o dai loro parenti più vicini: quella di una famiglia di ebrei fascisti massacrata sul Lago Maggiore nell’autunno del 1943 (la famiglia Ovazza), la storia di un ebreo del Ghetto di Roma che decide di lottare da solo contro la persecuzione nazista e che riesce a salvarsi grazie alla relazione con la nipote di un collaborazionista fascista, quella della famiglia di Franco Schonheit e dei suoi genitori, (deportati da Ferrara) tutti sopravvissuti al campo di sterminio nazista. Poi  la vicenda di una ebrea di Fiume che si salva nascondendosi a Roma presso la famiglia di un incisore del Vaticano. E infine la storia dei presunti delatori: quella di una famiglia di fascisti accusati di aver denunciato i vicini ebrei ai tedeschi.

A parlare infatti non sono solo le vittime, i perseguitati ma anche i cosiddetti persecutori e poi gli altri testimoni, cioè quella stragrande maggioranza di italiani che non aderì alle leggi razziali ma neanche si oppose. Di fatto una delle ultima occasioni per raccogliere delle testimonianze dirette su cosa successe dal 1938 al ‘45,  con l’intento di spiegare come questi provvedimenti hanno influenzato in seguito la storia del nostro paese. Considerando inoltre che  i testimoni dell’epoca stanno scomparendo e che  la conoscenza dei fatti tra le giovani generazioni è sempre più labile. Il film vuole anche raccontare quegli italiani che approfittarono della situazione, a volte con vero entusiasmo.
In uscita nell’autunno 2018.

 

Sierra Leone: la vita al tempo di Ebola, regia, 2015 (doc)

 

ITALIA – 2015
Con Nicola Berti

Regia Pietro Suber
Fotografia e montaggio: Nicola Berti
Produzione: Medici con l’Africa - Cuamm

Film documentario girato durante la recente epidemia di Ebola in Sierra Leone. La situazione sanitaria nel paese, con un sistema sanitario già fragile, viene illuminata attraverso la lente dell'intervento di Medici con l'Africa Cuamm e le voci dei suoi operatori impegnati negli ospedali di Pujehun e Lunsar. Strutture chiuse che cercano di riaprire, infermieri che hanno perso colleghi colpiti dalla malattia che provano a ricominciare, persone e comunità che devono ritrovare la fiducia in un futuro possibile: storie e volti di 6 mesi dentro a un incubo che non è ancora finito, anzi è proprio questo il momento più delicato in cui non bisogna abbassare la guardia.

Finalista al premio Marco Luchetta e al premio L'Anello Debole di Redattore Sociale. In onda su Tv 2000 (marzo 2015).

Meditate che questo è stato, regia, 2015 (doc)

ITALIA – 2015
Con Marco D’Auria

Regia : Pietro Suber
Fotografia e montaggio: Marco D’Auria
Produzione: Mirabilia
Musica: Moni Ovadia- Emiliano Duncan Barbieri

Con il patrocinio del Comune di Roma.
La storia di una lunga amicizia nata tra due adolescenti dentro il campo di sterminio di Auschwitz. Piero Terracina, ebreo romano, all’età di 15 anni venne deportato dai tedeschi con tutta la sua famiglia (otto persone) grazie alla delazione di un fascista. E’ riuscito a sopravvivere all’orrore di Auschwitz, unico della sua famiglia, per 13 mesi. Sami Modiano, ebreo di Rodi, all’epoca 13enne, racconta di essere scappato alla morte più volte. L’ultima, durante la marcia della morte, quando si è nascosto alla furia omicida delle SS tra le cataste dei cadaveri del lager. Il drammatico racconto e le parole di due testimoni che fanno proprio il monito di Primo Levi, citato nel titolo del film: "Meditate, che questo è stato. Vi comando queste parole, scolpitele nel vostro cuore... ripetetele ai vostri figli".

Distribuito con Tv 2000 e in Dvd con Repubblica/L'Espresso.

 

Deutschlandistan: vizi e virtù dell'integrazione tedesca, regia 2011 (doc)

Regia: Pietro Suber
Con Cecilia Carpio e Francesco Tosto.
Fotografia e montaggio: Francesco Tosto
Produzione: Goethe Institut Roma

Da anni il sistema  di integrazione è al centro del dibattito politico in Germania dove la cancelliera Angela Merkel ha sottolineato più volte  il fallimento del modello multiculturale tedesco. La stessa Merkel ha ribadito che la Germania non può fare a meno degli immigrati ma che questi si devono integrare ed adottare la cultura e i valori tedeschi. 

Il reportage è ambientato a Neukolln, quartiere di Berlino dove convivono 139 comunità straniere, diventato negli anni un vero e proprio laboratorio a cielo aperto sul tema integrazione. Le comunità vivono spesso in una sorta di autoisolamento: i turchi con i turchi, gli arabi con gli arabi e via dicendo. Con delle divisioni anche territoriali, strada per strada. Un quartiere dove il tasso di criminalità, soprattutto giovanile, è uno dei più alti della Germania. Tanto che l’opinione pubblica tedesca è sempre più favorevole alla linea dura nei confronti dei giovanissimi corrieri della droga (11-13 anni) sfruttati dai trafficanti in quanto non punibili secondo la legge tedesca. Neukolln è anche un quartiere dove le donne velate non vengono mandate a scuola dai loro padri, dove 3 giovani su 4 abbandonano i corsi prima del termine.  E dove alle elementari il 90% dei bambini non è di madrelingua tedesca.

Il modello di integrazione presenta anche numerosi paradossi. Ad esempio d’estate nelle tante Freibad, le piscine comunali di Berlino dove si pratica anche il nudismo, può capitare di vedere delle giovani ragazze tedesche che fanno il bagno vestite dalla testa ai piedi. Lo fanno per rispetto della cultura e della religione dei loro amici o fidanzati di origine araba, oppure solo per moda? Forse per tutte e due le ragioni perché, come spiega uno dei protagonisti del film:  “L’integrazione non è una cosa semplice e si porta dietro tanti problemi irrisolti!”.

 

I piccoli ambasciatori, regia, 2009 (doc)

Documentario sul sostegno a distanza in Kenya, in collaborazione con Amref. Distribuzione Amref, ottobre 2009.

Regia: Pietro Suber
Con Caterina Murino.
Sceneggiatura: Pietro Del Soldà
Fotografia e montaggio: Francesco Tosto

 

Argentina: un paese sull'orlo di una crisi di nervi, regia,2008 (doc)
con Guido Torlai.  documentario sulla crisi economica e sul boom della psicoanalisi in Argentina. In onda su “Doc 3”, Rai Tre, novembre 2009.
Primo premio produzione Ilaria Alpi 2008.

I giovani ribelli di Teheran, regia, 2006 (doc)
documentario sui diritti umani e sul cambio di sesso in Iran. In onda su “Kosmos”, Rete 4, novembre 2006.
Primo premio Saint Vincent 2007.

Il sangue dell'Impero, regia, 2004 (doc)
Documentario sulle lobby del petrolio in Texas girato prima della rielezione di George W: Bush alla Casa Bianca.  Con Gustav Hofer. In onda su “C’era una volta”, Rai Tre maggio 2004.

Shanghai: il gigante è in cammino, regia 2002 (doc)
con Antonio Santillo e Giovanni Sparo. Documentario sulla modernizzazione cinese. In onda su “C’era una volta, Rai Tre, novembre 2002.
Secondo premio Libero Bizzarri 2003, sezione Italia Doc.

Lo sciopero della fame nelle carceri turche, regia, 2001 (doc)
Documentario in onda su  “C’era un volta”, Rai Tre, novembre 2001.

Il racket della prostituzione tra Kosovo e Romania, regia, 2000 (doc)
Documentario in onda su  “C’era un volta” Rai Tre, novembre 2000.

Il ghetto nel cuore dell'America, regia, 1999 (doc)
Documentario sulla violenza nei quartieri neri di Washington. In onda su Moby’s, di Michele Santoro, Italia 1, giugno 1999.

 

Le donne sfregiate di Dacca, regia, 1998(doc)
Documentario in onda per “Moby’s” di Michele Santoro sulle donne sfregiate con l’acido in Bangladesh, Italia 1, novembre 1998.

 

Le 35 ore in Germania, regia, 1998 (doc)
Documentario  sulle condizioni di lavoro nello stabilimento Volkswagen di Wolfsburg (con Corrado Formigli) per Moby’s di Michele Santoro, marzo 1998. Premio Penne Pulite, Sarteano 1998.